Il castello di Porcari: alcuni cenni storici
Il primo documento reperito fino ad oggi su Porcari è datato 30 Aprile 780: tre nobili longobardi (Gumberto, Ildiberto e Gumbardo), fondatori dell'abbazia di S. Sabino presso Calci, lasciarono alla chiesa, "pro remoedio animae", la loro curtem ad Porchari. I Longobardi, scesi in Italia intorno al 570 agli ordini di Alboino, si erano impadroniti molto presto delle principali città. E' verosimile che Alboino avesse giudicato strategica la posizione del territorio porcarese, posto sulla Via Francigena, sull'antica Via Cassia e sulle sponde del lago più grande della Toscana (il lago di Sesto), che rappresentava la via più facile di comunicazione fra le città di Firenze, Pisa e Lucca. Ed è altrettanto verosimile che lasciasse nella sua discesa verso sud per salvaguardarsi le spalle, i suoi luogotenenti più meritevoli e le loro famiglie, perché lì formassero una stabile consorteria alleata e fedele. Tanto più che il colle di Porcari, che sovrastava la valle delle Sei Miglia, consentiva un punto di avvistamento notevole e, come tale, offriva ottime possibilità difensive in caso di attacco.
Porcari, all'epoca della conquista longobarda, era già conosciuto con questo nome: secondo l'autorevole parere dell'insigne e raffinato linguista Riccardo Ambrosini, confortato dalle risultanze delle campagne archeologiche degli ultimi anni che testimoniano di insediamenti umani dall'età del bronzo, agli etruschi, ai romani, e dalla storica strutturazione del territorio, deriverebbe il proprio significato dall'antica divisione in 'porche' dei terreni della Piana circostante (alveo dell'antico Auser poi trasformato nel lago di Sesto) per una ottimale gestione delle acque di superficie.
Documenti datati intorno all'anno 1000 descrivono Porcari formato da un borgo e da un castello posto strategicamente sulla Via Francigena, dalla quale si dipartiva la Via Lombarda che andava oltre Segromigno (Gromigno). All'altezza di Rughi, la vecchia Cassia puntava, attraverso Montecatini, su Pistoia. Dalla Via Francigena si staccava inoltre la strada che conduceva a Vivinaria (Montecarlo). In quegli anni anche il borgo fu incastellato. L'originario castello posto sul monte San Giusto era imponente ed ospitava una cappella dedicata a Sant'Andrea. Intorno al borgo, fuori delle mura, vi erano almeno 89 case rustiche ed una chiesa dedicata a San Giovanni. Nel territorio di giurisdizione di Porcari (Badia Pozzeveri, Gragnano, San Martino, San Gennaro, Petrognano e Tofori) vi erano altre case rustiche. Il castello di Porcari, costruito "a petre et a calcina et a rena" come risulta da un documento del 1044 riportato da Mario Seghieri, era una costruzione curata che offriva un rifugio sicuro per gli abitanti dei Mansi e dei casali circostanti; una roccaforte inespugnabile, circondata da carbonarie, appetita dallo stesso Margravio della Tuscia, marito di Beatrice di Lorena e padre di Matilde di Canossa, che acquisì una quota di proprietà di quel castello mantenuta per molti anni. Costituì un ultimo baluardo in difesa della città di Lucca e fu al centro di importanti battaglie: la più famosa, quella dell'Altopascio del 1325, vide la vittoria di Castruccio Castracani contro le truppe di Ramon de Cardona generale spagnolo agli ordini della repubblica fiorentina. Quella battaglia, in effetti, avvenne su territorio porcarese dopo la capitolazione di Altopascio e sarebbe dovuta passare alla storia come Battaglia di Porcari.
Aveva scritto un anonimo pistoiese a proposito delle caratteristiche del castello di Porcari: "Era sì forte che per battaglia nol poteano avere". Castruccio ne aveva fatto un ottimo baluardo (diresse da lì la battaglia di Altopascio) fino alla sua sconfitta: Il castello fu raso al suolo con la capitolazione del condottiero lucchese.
Come dicono i documenti d'archivio, risale al 1341 la costruzione della torre quadrata (su una preesistenza risalente al XII sec. e forse anche all'XI sec.); nel 1410 la proprietà passa a Paolo Guinigi, nel 1625 si assiste ad una profonda ristrutturazione e la torre viene trasformata in osservatorio, poi si perdono le notizie fino al 1800, quando i Di Poggio ricostruiscono la parte superiore della casa, ancor oggi conosciuta come 'La Torretta'.
Luca Ubaldo Cascinu
La realtà storica del simbolo del Comune di Porcari
L’attuale costruzione, visibile sulla sommità del colle di Porcari, venne edificata nel primo decennio del secolo XIX dalla diramazione porcarese della consorteria dei Di Poggio, dal secolo XV, fondatori del luogo.
Nell’anno 1801 essa acquistò, infatti, dal demanio militare della Repubblica di Lucca la sommità del colle su cui almeno dal 1630 insisteva un edificio a pianta quadrata consistente in una “Torricella murata, solariata e coperta di ambrici e tieguli posta nel soprascritto Comune, luogo detto la Torretta di Porcari, nella quale in tempo di bisognio, si suol tenere guard(d)ie e sentinelle per far segno a i luoghi e posti che li corresoindono”. (AS Lu, Beni e fabbriche Pubbliche I, c.251)
Al momento dell’acquisto, per altro, della suddetta costruzione rimaneva soltanto qualche spezzone dei muri perimetrali dell’altezza di circa due o tre metri in misura decimale, sicuramente inglobati nella nuova struttura, la cui destinazione d’uso rimane tuttora incerta.
Spezzoni del muro di fortificazione del “castrum” sono ancora visibili sul versante ovest del colle. Nei primi anni del ‘500 qualche tratto di misura esisteva ancora sul versante est, nei luoghi detti “Scassata vecchia… e scassata nuova”.
Durante i recenti lavori di ristrutturazione dell’edificio, con qualche modesto saggio di scavu, si è potuto appurare come tanto la torretta antica quanto la costruzione più moderna insistono su fondamenta comuni, identificabili con quelle dell’antica torre costellaria, di cui si ha sicura notizia dall’anno 1410 almeno, e che, a parere di chi scrive, costituì da sempre l’unico edificio compreso entro le mura del “castrum”, mai abitato del resto dalla consorteria dei “Porcarienses”.
A future e sistematiche indagini archeologiche il compito di raggiungere certezze su una vicenda che rimane ancora nel complesso oscura
Prof. Leo Giancarlo Lazzare